Il Comune di Atrani - Storia e Tradizione

Stretta tra il monte Civita ad est ed il monte Aureo ad ovest, Atrani si estende lungo la valle del fiume Dragone, così detto perché la leggenda vuole che ivi si nascondesse un terribile drago che sputava fuoco.

Immagine principale

Descrizione

Atrani è il più piccolo comune dell'Italia Meridionale per estensione territoriale e secondo solo a Fiera di Primiero, in tutta Italia. Per l’ incantevole bellezza dei vicoletti, degli archi, dei cortili, delle piazzette, delle caratteristiche “scalinatelle”, delle abitazioni, poste l’una sull’altra, per l’atmosfera suggestiva della sera, quando le luci sono accese, Atrani è stato più volte adoperato come set cinematografico per film e spot pubblicitari entrando a far parte dei borghi più belli d’Italia. 

Atrani, a soli 700 metri dalla più nota Amalfi, è l'unico paese della Costiera a conservare intatto il suo antico carattere di piccolo borgo di pescatori. Le prime case si affacciano direttamente sulla spiaggia, per poi raccogliersi intorno alla piazzetta con la chiesa del San Salvatore e la fontana di pietra, salgono, infine, verso la valle e si arrampicano lungo le pendici rocciose della collina, attraversate dai giardini e dalle coltivazioni di limoni.

Isolata dal traffico automobilistico, protetta dalle sue antiche case dai balconi fioriti, la piazzetta di Atrani accede direttamente alla spiaggia ed al mare, attraverso l’antico passaggio creato per mettere in salvo le barche dalle mareggiate. Il rispetto e l'attenzione alla semplice vocazione originaria fanno, dunque, di Atrani un raro esempio di sviluppo turistico equilibrato.

 Vero e proprio centro vitale del paesino, è la piazza, luogo di incontri e di intrattenimenti: ai tavolini dei bar italiani e turisti di ogni parte del mondo, confrontano le proprie opinioni, imparano a conoscersi. La Spiaggia Piccola, adorna delle barche e delle reti dei pescatori in bassa stagione, diventa, in versione estiva, ritrovo di giovani di tutte le nazionalità. Per i turisti e visitatori la scoperta del paesaggio dolce s’intreccia con la testimonianza della storia. La memoria del tempo è nell’identità architettonica di questo lembo di mondo che , nella forma di strade e piazze parla delle sue vicende passate. Un quid pluris che contribuisce a rendere questo piccolo “borgo” unico e, forse, prezioso come pochi altri.

L'ETIMOLOGIA

Non si conosce l’origine esatta del nome Atrani: 
- secondo il Camera deriverebbe dal latino Ater, Atra, Atrum = oscuro, tetro, perché racchiuso tra due monti;  - secondo il Della Corte deriverebbe dal Praedium della Gens di atria = Possedimento degl’abitanti di Atria; - secondo altri autori deriverebbe da Atranes = Insediamento greco. 

LE ORIGINI

Le origini di Atrani sono ancora oggi sconosciute. Ricerche archeologiche hanno stabilito che nel I sec. d.C. lungo la Costa Amalfitana esistevano delle ville romane, le quali furono, però, coperte dal materiale che, eruttato dal Vesuvio nel 79 d.C., si era depositato sui monti circostanti e da lì, in seguito, era franato a valle. Nel V secolo d.C., a seguito delle invasioni barbariche, numerosi romani fuggiti dalle città si rifugiarono prima sui monti Lattari e successivamente lungo le coste, ove crearono degli insediamenti stabili. La prima prova documentata dell’esistenza di Atrani è rappresentata da una lettera del Papa Gregorio Magno al Vescovo Pimenio datata 596 d.C. 

Ivi risiedevano: i Pantaleoni (la famiglia più ricca e potente di Amalfi); gli Alagno; i Comite Mauro; i Comite Iane; gli Augustariccio; i Viarecta. I suoi abitanti conservavano identità di Atranesi, a differenza di tutti gli altri abitanti del Ducato che erano denominati Amalfitani.

Solo agli amalfitani e agli atranesi era riservato il diritto di eleggere o deporre i capi del Ducato. Amalfi fu governata dapprima da Conti, poi da Prefetti, quindi da Giudici ed infine da Duchi (e non da Dogi come erroneamente si dice, che invece imperavano a Venezia). Il Duca concentrava nella sua persona sia il potere civile che quello militare. Simbolo della sua podestà era un copricapo, il il “Birecto”, di cui i Duchi venivano insigniti nella Cappella Palatina del S. Salvatore de Birecto di Atrani.

Il Borgo di Atrani era più esteso di quello attuale e protetto sui confini da imponenti fortificazioni. Si estendeva fino a Castiglione (oggi fraz. Del Comune di Ravello), così chiamata da castellio, onis, un grande castello situato sul promontorio ove oggi sorge la Colleggiata di Santa Maria Maddalena. In località Civita era invece situato il Castello di Supramonte, distrutto dagli attacchi dei pisani tra il 1135-37. Vi era poi la torre costiera del “Tumulo”o di “San Francesco”, costruita nel 500 ad opera di Don Parafan de Ribera per difendersi dai Turchi che, dopo la sconfitta della flotta cristiana a Gerbe presso Tunisi, infestavano il litorale.

Gli atranesi collaborarono allo sviluppo economico-sociale del Ducato. Rilevanti erano i pastifici e le fabbriche di tessuti che producevano sajette e drappi preziosi, per i quali gli atranesi detennero il vanto tra i centri della costiera. Essi furono particolarmente attivi nella zona orientale extra-Ducato: a Paestum, a Cava dei Tirreni e a Vietri sul mare.

Nel 987 Amalfi fu promossa a rango di Diocesi Arcivescovile da Papa Giovanni XV. Il primo arcivescovo fu l’atranese leone di Sergio di Urso Comite.

Ad Atrani era fiorente la vita religiosa:circa trecento erano le chiese e le cappelle private. Il Monte Maggiore (oggi Monte Aureo) ospitava sei cenobi, i più antichi del Ducato.

Il maremoto del 24 settembre 1343 (di cui ha lasciato un’efficace descrizioni il Petrarca in una nota epistola delle “Familiari”)sommerse buona parte del litorale e pose fine allo splendore di Amalfi e di Atrani, già provate dalle continue incursioni dei pisani 1135-37. Negli anni che seguirono, le sorti di Atrani furono legate a quelle di Amalfi, il cui Ducato, oramai decaduto, venne inglobato nel Principato di Salerno.

Nella seconda metà del 1100, Manfredi, per punire gli atranesi per essersi schierati a favore del papa nella lotta tra Papato ed impero, inviò contro di loro 1000 marinai Alessandrini. Gli atranesi fuggirono ad Amalfi e i mercenari si stabilirono nel borgo che abbandonarono soltanto molti anni dopo (evento attribuito all’intercessione di Santa Maria Maddalena a cui gli atranesi si erano votati). Dell’occupazione rimangono tracce, ancora oggi, nella cadenza ed in alcune parole del dialetto locale.

Nel 1647, braccato dai soldati del Vicerè di Napoli, fece ritorno ad Atrani Masaniello, per nascondersi in quella che da allora viene chiamata “Grotta di Masaniello”, una cavità poco distante dalla casa materna dell’eroe. Nato a Napoli nel 1620 Tommaso Aniello d’Amalfi, detto Masaniello, figlio di Francesco d’Amalfi ed Antonia Gargano di Atrani, di mestiere faceva il pescivendolo, ma era noto in piazza del Mercato a Napoli per la sua abilità di contrabbandiere reale per il quale fu imprigionato insieme alla moglie. Uscito di galera per nulla domato, il 7 luglio 1647 Masaniello insieme a Giulio Genoino fu a capo della “rivolta dei fichi”(scoppiata per protesta contro il rincaro dei dazi sulla frutta e sui principali prodotti agricoli). La rivolta da Napoli si estese a tutto il Regno. Venne proclamata la Real Repubblica sotto la protezione della Francia e Masaniello fu acclamato “Capitano generale del popolo Napolitano”. Il potere gli diede alla testa abbandonandosi ad una serie di eccessi che lo resero inviso dal popolo. Il 16 luglio 1647 cadde vittima di una congiura: il cadavere decapitato, e la testa su di un palo, fù portata in trionfo per le vie della città. La Real Repubblica resistette fino all’aprile successivo, poi soccombette agli spagnoli. Nel 1643 la Grande Peste miete numerose vittime anche ad Atrani. Negli anni che seguono non si registrarono nel Borgo eventi particolari fino al 22 giugno 1807, data in cui Giuseppe Bonaparte, Re del Regno di Napoli, si recò in visita ufficiale in Costiera Amalfitana. Colpito dalle bellezze del luogo e da Amalfi ed Atrani in particolare, promise di far costruire una strada che rendesse più facile l’accesso al Regno dei paesi della Costiera. Tale strada fu realizzata però tra il 1816 ed il 1854 da Gioacchino Murat.

Dall’attività della pesca - nel passato principale fonte di sostentamento - la fantasia popolare ha tratto i “detti” locali più importanti. Queste massime di esperienza del villaggio, nascono dall’ osservazione della ciclicità dei fenomeni naturali, in particolare, dalle loro conseguenze sulla pesca. Nonostante il passare del tempo l’attività della pesca è presente in maniera significativa ancora oggi in questo: titolari elettivi di quest’attività sono i membri della famiglia Oliva considerata ormai l’ultima bandiera dei pescatori di Atrani.

 

DETTI MARINARI 

Quanno o mare s’appantana – o è Scerocco o è Tramontana (Quando il mare crea pozzanghere sulla battigia – spirerà o lo Scirocco o la Tramontana)

Aria ‘e Lebeccio – scenne ‘a Napole senza ‘mbaccio (Il Libeccio puro – spira da Napoli senza ostacoli)

A Matalena ‘a menaita dint’ o munazen (Il giorno di Santa Maria Maddalena, 22 luglio, riponi la “menaita”  - rete adibita alla pesca delle alici, nel deposito –  Questa data coincideva con la fine del passaggio dei banchi di alici)

Aria ‘e Scerocco – o pesce nun tocca (Quando spira il lo Scirocco – il pesce non abbocca)

Aria ‘e Maisto – o pesce dint’o canisto (Quando spira il Maestrale – si preannuncia una copiosa pesca)

A ‘mmacolat Concezione – sette ducati pe’ no smiraglione (In inverno – 8 dicembre – anche il pesce meno pregiato costa caro)

Modalità di accesso:

Accesso libero su strada

Indirizzo

Contatti

  • Email: protocollo@comune.atrani.sa.it

Allegati

Pagina aggiornata il 28/02/2024